lunedì 25 novembre 2013

Mai come in quei caldi giorni d’autunno gli si erano riproposti, indigesti nell’anima, termini quali macchina del fango, calunnia, bugie, e la peggiore di tutte: isolamento. ISOLAMENTO, era, anzi, quella sequenza di suoni che sempre più in silenzio rullava dentro di lei, come rullano i peperoni fritti,  unti e bisunti mangiati avidamente una notte calda d’estate alla Putia del quartiere. Col passare dei giorni, dei minuti si rendeva sempre più palese alla sua anima il vivere ciò che prima era toccato ad altri personaggi, di cui non conosceva i volti ma le cui sorti le vedeva nelle immagini che le passavano ascoltando i racconti di “eroiche” imprese e argute “risposte”. Tutto questo stava, adesso, succedendo a lei, a lei che non si offriva nemmeno la possibilità di difendersi, di raccontare l’oscura verità che di quel “venerabile” conosceva solo la sua anima, la sua forte anima che ora vedeva quel corpo che la racchiudeva sempre più debole. “ Racconta, racconta ciò che ti è successo, perché ad altri non accada, perché tutti devono sapere…” questo era il refrain che le giungeva disperatamente nella sua mente; ma Raccontare che? Raccontare a chi? Raccontare quando e come? Per perdere definitivamente se stessa e tutto ciò che in anni aveva faticosamente ricostruito, per ritornare con qualche deca di anni in più ad essere clandestino senza radici? No adesso la posta è troppo alta, adesso non era più solo lei e il mondo…”forse, pensava, forse un giorno il tempo mi darà ragione e se non accadrà, forse, questo male che ho dentro sarà mio compagno nel mio ultimo viaggio..

Gabriella 

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