Mai come in quei caldi giorni d’autunno gli si erano
riproposti, indigesti nell’anima, termini quali macchina del fango, calunnia,
bugie, e la peggiore di tutte: isolamento. ISOLAMENTO, era, anzi, quella
sequenza di suoni che sempre più in silenzio rullava dentro di lei, come
rullano i peperoni fritti, unti e
bisunti mangiati avidamente una notte calda d’estate alla Putia del quartiere.
Col passare dei giorni, dei minuti si rendeva sempre più palese alla sua anima
il vivere ciò che prima era toccato ad altri personaggi, di cui non conosceva i
volti ma le cui sorti le vedeva nelle immagini che le passavano ascoltando i
racconti di “eroiche” imprese e argute “risposte”. Tutto questo stava, adesso,
succedendo a lei, a lei che non si offriva nemmeno la possibilità di
difendersi, di raccontare l’oscura verità che di quel “venerabile” conosceva
solo la sua anima, la sua forte anima che ora vedeva quel corpo che la
racchiudeva sempre più debole. “ Racconta, racconta ciò che ti è successo,
perché ad altri non accada, perché tutti devono sapere…” questo era il refrain
che le giungeva disperatamente nella sua mente; ma Raccontare che? Raccontare a
chi? Raccontare quando e come? Per perdere definitivamente se stessa e tutto
ciò che in anni aveva faticosamente ricostruito, per ritornare con qualche deca
di anni in più ad essere clandestino senza radici? No adesso la posta è troppo
alta, adesso non era più solo lei e il mondo…”forse, pensava, forse un giorno
il tempo mi darà ragione e se non accadrà, forse, questo male che ho dentro
sarà mio compagno nel mio ultimo viaggio..
Gabriella
Nessun commento:
Posta un commento