Autore: Sydan
Titolo: "Smoke"
Genere: Introspettivo
Se dovessi raccontarti la mia vita, non
potrei fare a meno di sbiascicartela in auto, sfrecciando nella notte,
con un’amarissima sigaretta tra le labbra, presa tra le dita soltanto
per scrollare la cenere. Il fumo inevitabilmente negli occhi, il
bruciore che ti fa lacrimare.. l’unico modo per poter piangere, visto
che le ultime lacrime le hai perse tempo prima, sulla bara di tua madre.
Abbassi il finestrino, un po’ stupito del fatto che quella tua unica
compagnia di tre minuti sia bruciata troppo in fretta, un po’
infastidito che il pacchetto sia quasi vuoto in quel viaggio ancora
lungo. Guardi lo specchietto retrovisore in cerca di due fari.. nulla.
Tiri fuori la mano dal finestrino e lasci cadere il mozzicone, guardando
poi quelle scintille rimbalzare nell’aria e nell’asfalto, spegnendosi
subito dopo un povero fuoco d’artificio.
Tu e la notte. Quasi
avresti voglia di spegnere e farti guidare dalla luce di un accendino.. è
pur sempre luce, no? Con quel barlume di visibilità ti accendi un’altra
paglia e aspiri quel fumo amaro che brucia la gola, te la grinzisce, te
la inaridisce. Lei ha sete, tu la inondi di caldo vapore tossico; lei
reagisce cercando di mandarlo fuori, squassandoti i polmoni, tu raccogli
i tuoi nemici e li sputi fuori dal finestrino, facendoli spazzare dal
vento.
Ora non hai altro da fare che guidare, pensare, fumare.
Correre su una strada libera, quasi ipnotizzato dal rumore del motore,
dà un gran senso di pace, legato ad uno strano senso di eccitazione
della fantasia, che ti fa galoppare col pensiero e dove tutto viene
deformato. Così tutto il fumo che spingi fuori dai polmoni assume le
fattezze del volto della tua ultima donna e svanisce con la stessa
velocità con cui lei ti è sfuggita dalle mani, proprio quando iniziavi a
pensare che quella sarebbe stata l’ultima. Invece in quel preciso
istante avresti voglia di smettere, cos’ come pensi che sia doveroso
lasciare da parte la sigaretta; alla fine compri sempre un nuovo
pacchetto, magari di quelle più forti, perché, pensi, così riduci le
sigarette e forse questa è la volta buona che riesci a smettere.
Anche le donne, le tue donne, puoi scegliere: quelle super light, quelle
light e quelle panforti. Poi ci sono anche i sigari, che non si
aspirano ma si gustano e basta, oppure quelle fatte da sé che giri come
vuoi e che puoi riempire quanto ti pare, con o senza filtro. Emily era
certamente una senza filtro, una di quelle che fanno male e basta,
quelle che ti distruggono la gola ancora prima dei polmoni, ma che
aspiri fino alla fine perché, forse, la prossima boccata è migliore,
forse perché sei talmente avaro da non riconoscere di aver sbagliato
anche questa volta e vuoi fumare fino alla fine soltanto perché l’hai
pagata e quel denaro, per quanto sia stato mal speso, non vuoi che vada
sprecato.
Emily l’hai trovata quasi per caso.. il primo pensiero che
i tuoi neuroni hanno elaborato è stato una sincera ammirazione per il
suo corpo e i suoi seni, non troppo nascosti alla vista; la sua malizia
si confondeva con la sua spudoratezza, la timidezza dei suoi occhi con
la sorprendente fantasia e sfrenatezza una volta che te la sei portata a
letto senza che nemmeno glielo chiedessi. Due mesi di fuoco. Ma il
sesso per se stesso brucia ancora più velocemente di questa buonissima
sigaretta, così butti via il pacchetto, fumi l’ultima di mala voglia e
cerchi ancora una volta di smettere.
La strada è ancora lunga. Apri
un’altra piccola scatoletta dimenticata dentro l’auto e scopri che c’è
soltanto qualche traccia di tabacco; innervosito la schiacci tra le dita
e la butti con furia dal finestrino. A mezzo chilometro da dove ti
trovi c’è un autogrill. Oltre a comprarti altro fumo amaro puoi
approfittarne per riempire il tuo stomaco. La sigaretta non ti sazia,
anche se a volte è utile per contenere la fame.
Emily aveva il frigo vuoto e lei aveva fame d’altro.
Pochi minuti dopo svolti in un stradina mal asfaltata, sotto la grande e
luminosa insegna che annuncia l’ingresso del ristorante, facendo
fischiare le ruote solo per sentire qualcosa di diverso dal suono del
motore che decelera. Parcheggi un po’ come ti và; esci dall’auto e ti
guardi attorno: altre due macchine posteggiate un poco più in là, nessun
altro a farti compagnia questa notte. Con passo svelto varchi la soglia
dell’autogrill. I tavoli deserti; appoggiati al bancone due uomini e
una donna, davanti a loro una cameriera con un’espressione spenta e gli
occhi stanchi. Ti avvicini al banco e getti uno sguardo sui tuoi
conviviali. I due uomini potevano avere una certa età, entrambi con la
fede al dito; la donna stava seduta in mezzo a loro. Capelli lunghi e
ricci, biondi, la faccia truccata pesantemente. Guardai meglio. Quella
era uno spinello. Uno di quelli fumati di nascosto, per la voglia di
trasgredire, per la noia più totale. Un fumo che brucia forte, ti sballa
per un po’, ti fa sorridere all’idea di poter sorridere, finalmente;
dopo ti lascia soltanto la tristezza di non saper più sorridere e la
vergogna dei tuoi anni. Soprattutto quando quella donna, in realtà, è un
uomo.
Ordini l’hamburger peggiore che tu abbia mai mangiato, almeno
ti servirà a tappare quella voragine che hai al posto dello stomaco. I
tuoi commensali pagano, si abbracciano e vanno via; la scia di profumo
della donna ti disgusta e quasi ti viene da vomitare! Putrido e
abbondante, come la peggiore roba che puoi trovare per strada. Pensi e
speri di non doverti mai ridurre così per una stupida fumata, supponi
che il tuo fumo lo controlli ma poi, pensandoci bene, anche quelle
sigarette che stai per comprare sono la prova che, forse, una volta
riuscivi a controllarti. Prendi la tua dose, saluti e non aspetti
nemmeno la risposta per uscire. L’aria umida della notte ti appiccica la
maglietta addosso, quasi ti blocca il respiro come quando da giovane ti
ubriacavi di sigarette, sudavi freddo dopo la terza, quasi consecutiva
alla seconda, ti sembrava di svenire, la pressione colava a picco e
vedevi tutto offuscato e il mondo al rallentatore, tu e lui.. ti pare
che quella sarà l’ultima occhiata che gli darai, vuoi smettere, vorresti
smettere e invece ti ritrovi con la quindicesima sigaretta, quasi un
intero pacchetto fumato in tre ore, solo perché non c’è di meglio da
fare.
Rientri in carreggiata con l’auto, sigaretta in bocca, mani
sul volante; il piede spinge sull’acceleratore, il gesto automatico di
portare la mano sul cambio spingendolo verso le marce più alte. I fari
non fanno in tempo a illuminare la strada che percorri, come le tue
labbra non fanno in tempo a stringere nuovamente il filtro e la
sigaretta scivola e cade giù. Una scia arancione, che sembra quella di
una stella cadente, preannuncia le veloci fiamme che si sviluppano
rapidamente sul tessuto sintetico dei tuoi pantaloni. Cerchi di frenare,
di evitare l’urto, mentre tenti di spegnere le fiamme che ti bruciano
le carni delle gambe, ma vai sempre e comunque a sbattere contro
qualcosa. Al che ti ritrovi accartocciato, una volta che il mondo ha
smesso di girare non senti più nessun arto; il fuoco ti brucia la pelle,
la consuma, ma non provi più nulla. Speri che qualcuno ti aiuti, ti
accorgi che sei nato solo e morirai solo.
L’ultimo pensiero che ti
passa per la mente è l’immagine di un boia che avanza verso di te e tu
gli chiedi un’ultima sigaretta. Ti fermi. Pensi. Forse questa è la volta
che smetterai definitivamente.
La tua grassa risata si perde tra le fiamme, in questa dolce notte d’estate.
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