Titolo: Beautiful monster.
Autore: ~Zewik
Rating: Arancione. (scene a contenuto sessuale)
Genere: Romantico, Slice of life.
Tipo di coppia: Het.
Note: Lemon, Lime.
Completa: Sì.
Quando ritorno a casa so già cosa – o meglio, chi – mi attende, dunque
non metto fretta nel mio salire le scale, nell’aprire la porta, nel
togliermi la giacca. Ho ancora dello sporco sotto le unghie, so che
Alexandra mi controllerà, e so anche che i suoi occhi verdi rifuggiranno
i miei e nonostante questo io non mi vergognerò minimamente di ciò che
sono.
Nel momento stesso in cui poso la giacca sull’attaccapanni sento la sua
presenza nella stanza: quando mi volto è lì a fissarmi sospettosa.
«Dove sei stato?» chiede subito.
«A mangiare fuori» rispondo altrettanto in fretta, quasi sfidandola con lo sguardo.
«E non mi hai portata con te?» ironizza, sapendo già di cosa parlo. Mi viene spontaneo farle un sorriso che ha un che crudele.
«Se tu volessi, potrei farlo.. ma dubito che il tuo stomaco reggerebbe».
Alex, mia moglie, è una donna che ho sempre trovato bellissima, persino
quando la conoscevo appena: ha vaporosi ricci rossi e gli occhi verdi,
un viso cosparso di efelidi e una corporatura esile ma morbida. Ci
conosciamo da almeno cinque anni ma abitiamo insieme e ci amiamo solo da
tre... e ci va bene così. Non mi sono mai aperto così con qualcuno, non
ho mai trovato nessuno che fosse disposto ad accogliermi con così poche
riserve, non ho mai vissuto un’esperienza simile.. devo ammettere che
la amo da impazzire, perché senza di lei con tutta probabilità non
sopravvivrei a lungo.
«Bè.. magari potrei stupirti, terribile presuntuoso» dice lei,
avvicinandosi a me e mettendomi le braccia attorno al collo;
istintivamente la stringo a me e chiudo gli occhi, inspirando il suo
profumo di miele e fiori.
«Mh.. preferisco comunque andare da solo» mormoro, rifiutandomi di
aprire gli occhi e interrompere quel contatto che, dopo tutta la morte
che ho provocato meno di due ore fa, sa così tanto di vita.
«Sei irrequieto, però» sussurra lei, rompendo l’abbraccio mio malgrado e
prendendomi la mano. Questo gesto mi provoca una reazione strana, come
di smarrimento: qual è l’ultima persona che ho preso per mano prima di
Alexandra? Mi sembra di avere come un vuoto di memoria, e la cosa mi
confonde. Forse lei nota il mio disorientamento e si volta verso di me,
mi guarda con i suoi occhi verdi, mi chiama.
«Aidan? Aidan.. tutto bene?» mi prende il viso fra le mani perché io la
guardi negli occhi.. che sciocca, non ne ha mica bisogno: i miei occhi
sono incatenati ai suoi, le mie labbra vogliono le sue, ogni atomo del
mio corpo cerca disperatamente l’atomo corrispondente nel corpo di
Alexandra.
«Se ci sei tu, sì» rispondo con voce roca, attirandola a me e
baciandola: il mondo esplode intorno a me, questa donna non può farmi
quest’effetto.. la amo così tanto, non può essere vero, devo stare per
forza sognando.
Eppure quando riapro gli occhi lei è lì fra le mie braccia, che mi morde
piano il labbro inferiore, come un gattino che gioca a fare la tigre;
mi viene istintivo sorridere e lei molla il labbro.
«Cosa c’è?» chiede, contrariata, quasi sul punto di imbronciarsi, e io sorrido di più.
«Niente..».
«Hai ancora il sapore in bocca» mormora, senza smettere di fissarmi,
come studiando le mie reazioni. Non capisco la frase, quindi inclino il
capo di lato mentre il mio cervello cerca di venirne a capo.
«...quindi?».
«Mi piace. Sai che mi piace» dice, a fior di labbra appena prima di
baciarmi. Quella frase mi provoca una reazione estrema: spingo la mia
eccitazione contro il suo corpo e lei sussulta, ridendo.
«Ma dai! Sei impossibile!» mi prende in giro, mentre le mordo dolcemente
il collo e lei mi infila le mani fra i capelli, gettando la testa
all’indietro: una cascata di capelli rossi mi investe mentre sollevo lo
sguardo sul suo viso.
«E tu sei bellissima» sorrido, mentre le tolgo lentamente gli indumenti
lì, nell’ingresso di casa nostra, e lei si morde le labbra ridendo.
«Certo.. come un muflone» ribatte, mentre anche le sue mani si infilano
sotto la mia camicia, a contatto con la mia pelle che, in confronto alla
sua, è appena tiepida. La sua carne mi trasmette un calore di cui ho
disperatamente bisogno, mi tuffo fra le sue braccia e ci cerchiamo, ci
amiamo, ci completiamo. Ogni volta che faccio l’amore con lei è così: un
bisogno disperato di sentirci completi, uniti, ogni volta di più, e
anche stavolta non è diverso, anzi, questa volta lei mi lecca le mani e
le unghie, lavando il sangue sotto di esse con la saliva.. e questo mi
fa sentire bene. Alexandra mi comprende, Alexandra sa di cosa ho
bisogno, io so renderla felice, so starle accanto, noi sappiamo stare
insieme, noi lo vogliamo.
Quando l’amplesso è finito entrambi sentiamo ancora dell’energia
pervaderci, e restiamo a guardarci: i nostri corpi sono stanchi, mentre
le nostre anime non si stancherebbero mai di amarsi.
«Davvero ti piacerebbe?» e quando lo chiedo so già la risposta: no, non
le piacerebbe. Non le piacerebbe vedere ragazzini sventrati e io che
ripulisco le loro ossa con i denti in modo ossessivo, fino a renderle
praticamente bianche. Non le piacerebbe vedere il suo amato Aykir
diventare un mostro orrendo che ha solo sete di sangue e fame di carne
umana. Non le piacerebbe fuggire via da me e sentirsi ferita da ciò che
faccio.
«Forse non troppo» ammette lei, carezzandomi il viso e guardandomi negli occhi.
«Forse non troppo» concordo, muovendo appena le labbra, e lei intreccia le dita nei miei capelli.
«Troveremo un modo per condividere anche quello» propone, e io sorride scettico.
«Ne dubito. Per me è nutrimento, lo sai.. per te sarebbe solo
sofferenza» rispondo serio, baciandole la fronte. Il pavimento è freddo e
succhia via anche quei residui di calore restati dopo l’amore, quindi a
fatica mi alzo e le porgo una mano perché venga con me, dopodiché la
prendo in braccio e lei mi bacia il collo e le spalle mentre mi dirigo
in salotto: ci stendiamo nudi sul divano e lei ci avvolge in una enorme
coperta di pile.
«Non mi hai mai detto chi è di solito.. la tua vittima tipo» mormora, e sento il suo disagio nel pormi quella domanda.
«Sicura di volerlo sapere?» le chiedo paziente, come se stessi parlando
ad una bambina. Lei non si offende e capisce che è necessario che io
glielo chieda, così arrischia un altro tipo di domanda.
«Potrebbe non piacermi?» sussurra, guardandomi attentamente.
«Non mi guarderesti più con questi occhi adoranti» sorrido, pur sapendo
che è vero. Lei sorride in risposta, timidamente, e mi bacia il petto.
«Non c’è nulla che potrebbe farmi ricredere sul mio amore per te, Aidan».
Resto in silenzio a guardarla negli occhi, quasi come se mi stessi
godendo gli ultimi istanti di amore imperituro, poi chiudo i miei e
getto la testa all’indietro sul cuscino.
«Ragazzini, perlopiù. Dai dieci ai quindici anni al massimo. Quelli che
sono soli, che nessuno vuole, a cui nessuno pensa. Impiegati nel lavoro
nero o peggio. Così nessuno nota se spariscono».
La sento ancora respirare tranquilla su di me, ma le sue braccia si
stringono di più attorno al mio petto. Mi viene naturale accarezzarle i
capelli, ad occhi chiusi, e lei non si scosta.. a quel punto sono troppo
curioso e la guardo con le palpebre socchiuse. Mi sta osservando
attentamente, come un gatto che ha visto qualcosa muoversi fra l’erba,
pronto a scattare.
«Dici sul serio o mi stavi prendendo in giro?» chiede incerta. Io apro
completamente gli occhi e la fisso con le sopracciglia aggrottate, così
lei intuisce la mia risposta.
«..perché proprio loro?» ansima, e comprendo che l’impatto emotivo sta
avvenendo un poco in ritardo. La stringo a me non per impedirle di
scappare, ma per impedirle di cadere dal divano, e lei affonda le unghie
nelle mie braccia, senza fiato.
«Gli adulti sono più facili da prendere, ma è più difficile che siano
sani e che nessuno noti la loro sparizione. Se un senzatetto finisce nel
nulla gli altri senzatetto si chiedono che fine abbia fatto quella
vecchia spugna.. se sparisce un bambino quasi nessuno lo nota: avrà
trovato fortuna, se lo sarà preso qualcuno, l’avranno tolto dalla
strada, sarà finito in orfanotrofio.. e così via. I bambini sono tutti
uguali» mormoro, socchiudendo gli occhi, e lei stringe i denti: la sento
tendersi su di me.
«E se tu avessi un figlio?».
«Ne ho avuti, in passato».
La cosa non la stupisce, lo sa già, ma evidentemente intende dire qualcos’altro.
«Intendo.. ora».
Mi fermo a guardarla, pacato.
«Non cambierebbe nulla, lo sai. Sarei un padre e un marito modello che
fa il sicario e ogni tanto divora qualche bimbo. Sono io, questo. Lo
sai».
Lei si sofferma un attimo sul pensiero e rabbrividisce.
«Ehy.. me l’hai chiesto tu» mormoro, infastidito, e distolgo lo sguardo
da lei: mi sto arrabbiando, e non va bene. Lei scuote il capo.
«È colpa mia».
«Che?» mi volto nuovamente verso di lei, colpito.
«Prima di tutto non dovevo chiedertelo» rabbrividisce ancora, senza
controllo, e io mi avvolgo una sua ciocca di capelli rossi attorno alle
dita, nervosamente. «E ancora prima di questo, non dovevo costruirmi una
risposta perfetta in testa» conclude, guardando la tv spenta di fronte
al divano.
«Risposta perfetta?» chiedo, senza capire. Si volta verso di me: anche
lei è arrabbiata, gli occhi verdi le scintillano pericolosamente,
sull’orlo delle lacrime.
«Sì!» esplode, rabbiosa, mentre le lacrime le rigano le guance. «Mi sono
detta che sicuramente uccidevi criminali, che andavi a caccia della
feccia umana e la toglievi di mezzo, che..» si interrompe in singhiozzi,
e in me la tristezza prevale sulla rabbia. La abbraccio stretta e lei
affonda il viso nel mio petto, stringendomi altrettanto forte,
singhiozzando. Le carezzo i capelli senza sapere cosa dirle, le parole
mi si sono seccate sulla lingua, vorrei solo che non dovesse mai
piangere per colpa mia, tutto qui... ma forse chiedo troppo a me stesso,
sono una persona troppo orribile perché ciò possa avvenire.
«Piccola...».
«Aidan..».
Decido di spiegarle, con calma e pazienza, le mie ragioni: lei mi
comprende, io mi fido di lei, non mi viene nemmeno per un attimo il
dubbio che lei potrebbe non capire, abbandonarmi, andarsene, guardarmi
con odio.
«..sono io stesso un criminale, io stesso uccido persone per denaro e
non... come potrei uccidere criminali? Sarebbe un modo meschino per
rimettermi in pari con i litri di sangue che ho versato» mormoro,
tentando di farle capire. «Inoltre i criminali che intendi tu spesso
sono drogati, fumatori, alcolizzati e solo gli déi sanno cos’altro.. non
ti piacerebbe vedermi intossicato da nicotina, alcol e sostanze
stupefacenti varie».
«No, infatti..» mormora lei, tirando su col naso. Incoraggiato, proseguo:
«...inoltre gli adulti hanno una carne meno tenera. Quando vai dal
macellaio tu ordini il vitello, non il bue affaticato dal lavoro.. la
sua carne risulterebbe immangiabile».
Alexandra chiude gli occhi e percepisco il suo respiro calmarsi contro
la mia pelle: mi scendono piccoli brividi lungo la colonna vertebrale.
Amo essere qui, amo essere vivo, amo lei.
«Lo capisco» sussurra. «Ma se tu avessi un bambino qui, ora, con te.. lo mangeresti?».
«Non sono così disumano, Alex» mormoro, quasi con tono di rimprovero, e lei apre gli occhi per guardarmi.
«Davvero?».
Sorrido.
«Sì».
«Però sei un mostro».
«Non l’ho mai negato» dico con dolcezza, e lei mi passa un dito sulle labbra.
«Un bellissimo mostro» mormora incantata, e io sorrido di più, con ancora più dolcezza.
«Un bellissimo mostro» mormoro, ripetendo quello che mi dice, come se
non potessi credere che quelle parole possano essere combinate proprio
in quel modo solamente per me.
«Sì» dice, più decisa, passandomi le dita fra i capelli neri. «Sei un mostro, un bellissimo mostro».
«E...?» la incito a continuare. Lei mi guarda negli occhi, come se mi
stesse sondando l’anima, e io mi sento quasi intimidito da lei, seppure
solo per un istante.
«...ma non mi importa» conclude, facendomi un piccolo sorriso timido. E
l’amore che vedo nei suoi occhi è sincero, puro, come prima di iniziare
quel discorso. Non c’è dubbio nel suo sguardo, nessuna incertezza agita
il suo animo.. e io mi sento compreso, ancora. Vorrei solo scomparire
fra le sue braccia.
«Ti amo» mormoro, e sento il suo cuore sul mio petto accelerare.
«Anche io ti amo» risponde con un soffio, prima di baciarmi sorridendo.
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