Ben rientrò in casa quella notte il più silenziosamente possibile, posò le chiavi senza far rumore, si tolse le scarpe, camminò scalzo fino al corridoio, si spogliò, entrò a letto.
Marie dormiva. Non era poi tanto tardi, Marie dormiva solo per fargli un dispetto, per farlo sentire in colpa.
Era praticamente sicura che il marito avesse un'amante.
Non c'era nessun profumo sospetto sui suoi vestiti, nessun lungo capello biondo in auto, nessun messaggio arrivato, letto e subito cancellato, ma lei se lo sentiva. Quando le facevano notare che non aveva neanche uno straccio di "prova", ammesso che di prove si potesse parlare, tirava sempre fuori una frase che doveva aver letto in qualche rivista per casalinghe: "la supposizione di una donna è più certa della sicurezza di un uomo".
Ben gliel'aveva ripetuto fino alla nausea, ormai aveva perso anche la voglia di rassicurarla, di consolarla quando piangeva; le sue paranoie gli stavano rovinando i nervi.
Il fatto è che Ben diceva la verità. Nessuna bugia, non c'era nessuna donna, nessuna donna. Non sapeva più come dirglielo, come gridarglielo, come sussurrarglielo a letto nei momenti di calma.
La sua mancanza di fiducia stava diventando imbarazzante.
C'era un uomo, un uomo c'era, in effetti. Ma a Marie non l'avrebbe mai detto, come non l'avrebbe detto a nessun altro.
Ben aveva scoperto la propria omosessualità, pur se decisamente troppo tardi, e dopo qualche incontro occasionale con uomini disponibili - per usare un eufemismo, si era innamorato. Come un ragazzino, come uno scemo.
Ma non poteva rendere Jason qualcosa di più di un amante,
non poteva e basta, e aveva così paura che riusciva quasi a non dispiacersene.
Non riuscì ad addormentarsi, quella notte.
Di sera non aveva incontrato Jason, come era solito fare il mercoledì e la domenica. Era passato dall'ospedale a ritirare gli esami che aveva fatto, controvoglia, un paio di settimane prima.
Da un po' si sentiva stanco e debole, credeva di avere la mononucleosi - aveva perfino sbuffato pensandoci, sapendo che ! Marie l'avrebbe preso come un palese indizio da collegare alla potenziale "altra". Adesso la mononucleosi non era niente,
Marie non era niente.
AIDS, un sacco di scritte, percentuali, rapporti incomprensibili.
AIDS, non sapeva neanche cosa fosse, e ce l'aveva dentro.
E chissà chi gliel'aveva passato. "Dio, fa che non sia Jason, lui merita di stare bene" aveva pregato più volte, quasi cominciando a credere che realmente sarebbe servito a qualcosa.
AIDS, l'infermiera aveva fatto una faccia preoccupata, era arrivato il medico, l'appuntamento, la proposta di una terapia sperimentale.
Finalmente il sonno lo strappò delicatamente da quei pensieri, ma la benedizione di Orfeo durò ben poco.
Si svegliò poche ore dopo, ancora notte fonda, sudato e in preda ad un tremare violento, doloroso.
AIDS, la terapia, e se non avesse funzionato.
Non si riaddormentò più.
Smise di pensare solo quando, la mattina presto, sua moglie si svegliò e si voltò verso di lui stiracchiandosi.
-Oggi siamo dalla mamma, è il compleanno di mia sotella.-
biascicò lei con la voce ancora impastata dal sonno.
Ben annuì senza trasporto. -faccio il caffè, disse, o lo pensò, poi si strascicò automaticamente in cucina, prese dalla valigia gli esami, guardò le scritte senza neanche vederle e, dopo averli strappati, buttò tutto. Se Marie li avesse visti... neanche osava pensarci.
Un'ora dopo si trovavano in macchina, in silenzio, tirati a lucido come... marionette. Marionette, accidenti, quanto avrebbe voluto essere con Jason: con lui era tutta una scoperta, una sorpresa, e quel che non lo era veniva comunque accolto dall'uomo come qualcosa di meraviglioso, ed era questo a tenerlo vivo, vivo davvero, non com Marie, non come Ben quando non c'era lui.
La donna annusava l'aria, ricordando vagamente un segugio, alla ricerca di -o nella speranza di trovare? un profumo o un odore sconosciuto, estraneo.
Ben non aveva voglia di dir nulla, a malapena riusciva a guidare, fingere di star bene era forse la parte più distruttiva della situazione.
La casa di sua suocera aveva da anni lo stesso odore di sugo intriso nelle pareti. Erano in venti intorno a quella tavola imbandita, tra zii, fidanzate, fratelli.
Marie era più strana del solito, lo era, in realtà, da quando il marito le aveva regalato dei fiori qualche giorno prima. Senza motivo, così diceva lui. E, come ci si poteva aspettare, lei aveva ripetuto troppe volte che "se un uomo regala dei fiori alla propria donna senza motivo, un motivo c'è sempre". Si nutriva di queste stronzate.
Finalmente erano arrivati al dolce, auspicabilmente l'ultimissima portata, avevano cantato la canzoncina degli auguri e stavano prendendo kili inutili a testa, con quella bomba calorica, cosa che Ben evitò accuratamente.
L'uomo non stava ascoltando, ma la sorella di Marie doveva aver detto una specie di battuta sul fatto che lui non tradisse sua moglie neanche con la tentazione dei dolci.
Fu in quel momento che successe.
-Sai, ho finalmente capito...- rispose lei, calma, senza però ridere né sorridere -che mio marito non ha nessun'altra donna!-
alzò il bicchiere per il brindisi, tutti la imitarono. Si alzò e andò vicina a Ben.
-già! - continuò, a voce più alta -sono l'unica, per lui!-
L'uomo era tesissimo, quelle parole erano così finte che si stupì onestamente di come gli altri potessero trovarle sincere.
La moglie gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia.
Si dimostrò sollevata, sorrise, brindò.
Fu nel rumore dei bicchieri di finto cristallo che sbattevano tra loro e nelle risatine generali che Marie gridò:
-perché Ben è frocio!
Tutto il chiasso cessò di colpo in maniera sorprendente.
La gente smise di brindare, smise di ridere, tutti gli sguardi scivolarono su di lui.
-ha l'AIDS! La malattia dei froci!- strillò lei isterica, e venne subito soccorsa dalle altre donne, abbracciata, consolata, come se la malata fosse stata lei.
Negli occhi degli altri ospiti c'era soprattutto ribrezzo.
Confusione, sorpresa, ma soprattutto ribrezzo, e per questo Ben decise che era giunto il momento.
Non doveva spiegazioni a nessuno, e non aveva intenzione di rimanere loro parente un secondo di più.
Davanti a tutti, prese il telefono e fece un numero, in silenzio.
Le persone lo guardavano con il fiato sospeso, ormai estraniati dalla situazione, abituati com'erano a guardare la TV.
-Jason, preparati. Vengo a prenderti. Ce ne andiamo.
Nessun commento:
Posta un commento